19/09/2005 - bila83
L’occasione è di quelle buone per testare il cuore. O si apre il paracadute o addio. Se amiamo il coltello alla gola, c’è lama per i nostri denti. Italia-Croazia. La tripla decisiva di Nowitzky in Germania-Russia 51-50 significa che siamo terzi nell’arrivo di tre squadre a 4 punti. Andiamo ad acciuffare la seconda del girone B. Ironia di un torneo internazionale che dovrebbe essere in campo neutro, a casa della Croazia, cioè a Podgorica, dove i rossoblù hanno giocato, vissuto e si sono allenati finora.
Stamattina trasferimento, oggi pomeriggio avremo provato i ferri e il campo. Variabili ambientali che la Croazia conosce già. Vuol dire qualcosa? In teoria molto, in partica forse no. A Norkkeping nel 2003 battemmo la Germania 24 ore dopo aver sfiorato l’apocalisse con la Bosnia, senza riposo, senza dormire, quasi senza saggiare il campo, dopo un lunghissimo viaggio dalla nostra Lulea. Mentre ad Antalya, nel 2001, ospitammo proprio la Croazia, che venne a vincere sul nostro campo.
Ecco, c’è pure il precedente negativo. Storia di quei giorni: perdemmo di 1 il debutto con la Grecia, poi vincemmo di 30 con la Bosnia. Ultima giornata la Russia di Kirilenko, anche allora: dovevamo vincere di 14 se volevamo essere primi ed evitare il barrage. Quella volta andò abbastanza bene. Toccammo il +14, poi chiudemmo vincendo di 7, grandissima partita. Il giorno dopo però andò in campo una squadra stanchissima, che lasciò strada a una Croazia fino ad allora molto deludente. Era l’Italia di Fucka come capitano, di Andrea Meneghin, di un eroico Andrea Pecile, che quest’anno è stato nel gruppo fino alla penultima scrematura e ci ha regalato l’oro nei giochi del Mediterraneo. Se Nowitzky non avesse stravolto il girone avremmo beccato la Turchia di Tanjevic, che in quella Turchia 2001 era il nostro condottiero. E l’affascinante gioco a base di storia cestistica potrebbe andare avanti.
Se il Risiko lo giochiamo solo coi croati va avanti poco. Persa nel 2001. Persa nel 1999 alla prima partita del torneo di Francia, poi vinto. Persa nel 1995, in Grecia, ai quarti di finale, in palio c’era anche un posto per le olimpiadi di Atlanta, dalle quali fummo esclusi. Nei due casi più remoti c’era Toni Kukoc, in quello più recente non più. Questa Croazia, di oggi, ha faticato a battere la Bulgaria (che però ha impegnato i turchi fino al supplementare) e regolato la deludente – finora – Turchia di Tanjevic. Perdendo contro la solita Lituania capace di rinunciare a mezza squadra e vincere le stesso il girone a punteggio pieno. La Croazia manca dal podio europeo dal 1995, e le ultime spedizioni sono state dei mezzi disastri. Mancano i giocatori? Macché. La stella è Gordan Giricek, 28 anni, 1 metro e 99, signora guardia degli Utah Jazz con signor tiro da fuori. Altra NBA in vetrina (ce l’hanno tutti tranne noi, i bulgari già a casa e Israele): il centrone Mario Kasun, 2 e 15, 25 anni, Orlando Magic. E soprattutto Zoran Planicic, New Jersey Nets, ex riserva di Jason Kidd, playmaker 23enne di 1 e 97. A corollario, i pivot Bagaric (25 anni, 2 e 17, campione d’Italia con la Fortitudo Bologna) e Vujcic (27 anni, 2 e 10, campione d’Europa col Maccabi, da titolare). Poi c’è Ukic, 21enne guardia scelta dei Toronto Raptors di quest’anno, e l’altra guardia Popovic dell’Efes Pilsen. L’allenatore è Neven Sphaija, l’autore del miracolo Roseto di quest’anno, capace di trasformare una squadra partita per salvarsi all’ultima giornata nella settima forza del campionato. Soprattutto, quest’anno a Roseto si giocava un gran bel basket. Sphaija sa usare il talento. A Roseto aveva dei cavalli pazzi, con la nazionale ha del talento puro. Anche se finora non hanno incantato, ma era successo anche nel 2001. Anche per loro, adesso si fa sul serio. Ci si gioca la possibilità di qualificarsi al Mondiale di Giappone 2006 (dentro le prime 6), al quale la Croazia manca da una vita. Noi abbiamo il subdolo paracadute della wild card della federazione, che difficilmente lascerà fuori i vice-campioni olimpici. Ma è meglio non contarci troppo. I croati però potrebbero avere più fame.
Ecco, più del talento sarà quella a contare. La fame di andare avanti, la voglia di sporcarsi mani e ginocchia su ogni blocco e ogni palla e ogni taglio. Specie nel giorno più duro, quello del barrage. Ancora lontano dalla gloria, ancora lontano da Belgrado, eppure una strettoia decisiva. Si arriva in due, ne passa una sola. Tra poche ore, vedremo se sarà gloria. Come a Norkkeping contro la fortissima Germania. Non come ad Antalya contro la Croazia. Ecco, volendo avremmo pure qualcosa da vendicare. Sempre che avremo il tempo di pensarci.
19/09/2005 - bila83
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